Il whisky, distillato leggendario, non è solo un’esperienza sensoriale complessa e gratificante ma anche cultura, storia, tradizioni, paesaggio, racconto. Insomma, è un mondo. Da esplorare, conoscere, apprezzare. Sempre di più, gli italiani ne subiscono il fascino, attratti dalla ricchezza unica del suo profilo aromatico e incuriositi dalla varietà di stili internazionali, spesso sorprendenti.
Ma come incominciare questa appassionante esplorazione senza perdersi tra sigle, etichette e classificazioni? Partiamo dalle basi: la natura e le differenze tra le diverse tipologie, le tecniche di degustazione e i consigli dei nostri drinksetters.
Il whisky (o whiskey, a seconda del paese di origine) è un distillato ottenuto dalla fermentazione e distillazione di cereali come orzo, segale, mais o frumento, e invecchiato in botti di legno. C’è oggi in Italia una nuova attenzione, – o forse è solo una riscoperta – verso il whisky, favorita e consolidata dall’infittirsi di eventi dedicati, dal moltiplicarsi di whisky bar, luoghi di culto per vecchi e nuovi appassionati, e dalla voglia di sperimentare bevande di alta qualità. La decontestualizzazione dei momenti di consumo (non solo il dopocena) e l’impiego nei cocktail, classici, swing e nuove creazioni, hanno fatto il resto.
A testimoniare questi cambiamenti e il loro riflesso sui numeri del mercato c’è una recente indagine di Circana, la firma leader nell’analisi e nell’interpretazione del comportamento dei consumatori, che segnala la crescente predilezione per il whisky, nonostante una più generalizzata contrazione dei consumi. Il sito falstaff.com conferma questa tendenza, sottolineando in particolare come si stia delineando un significativo apprezzamento di prodotti super premium. In particolare, è sempre più forte e consapevole la curiosità per prodotti artigianali, whisky torbati (ma anche per quelli delle Islands o quelli irlandesi), whisky giapponesi e distillerie indipendenti.
Non mancano le sorprese, con distillati provenienti da paesi inconsueti che non si sarebbero detti vocati alla produzione del whisky. Di particolare interesse la tendenza a inseguire le limited edition, come analizzato da Gambero Rosso, attrattiva forse un po’ snob cui però si deve aggiungere la tendenza molto più pop a rivoluzionare lo stile delle etichette la cui inventiva grafica spazia dai comics all’avventura, dal neo-vittoriano al minimalismo e all’esotismo. Uno svecchiamento dello stile di comunicazione rappresentato nella maniera più fragorosa e convincente da Brave New Spirits in particolare con la serie Voodoo e Whisky Heroes, veri exploit creativi e decisamente collectable.
															Conoscete il gioco delle differenze? Questo è il momento di ricordarvene. Tra whisky e whiskey non cambia solo una lettera, ma tutto un mondo. Le differenze riguardano gli ingredienti, processo produttivo, area di produzione e gusto. Ma potremmo aggiungere che cambia la storia, il paesaggio, la cultura, le tradizioni. Proprio come abbiamo scritto all’inizio di questo articolo.
Innanzitutto i principali tipi di whisky sono quattro:
Single malt
Whisky prodotto solo da acqua e malto d’orzo da una singola distilleria e da una distillazione discontinua in alambicco.
Esistono poi i Vatted Whisky, o Pure Malt whisky, prodotti da una miscela di Single Malt provenienti da distillerie diverse.
C’è poi una classificazione strutturata in base alla provenienza:
Esistono poi whisky di provenienze meno conosciute come, ad esempio, i German Whisky e i Mexican Whisky, prodotti rispettivamente in Germania e Messico.
Orientarsi tra centinaia di etichette diverse può far perdere la bussola dello scotch. Facciamo chiarezza per riconoscerne le particolarità:
Nel catalogo Anthology i whisky hanno un ruolo da protagonisti e la scelta è difficile quanto avvincente. Ogni tipologia è rappresentata ed espressa al meglio. Tradizione, contemporaneità, esotismo, classicità e modernità. Il viaggio alla scoperta del whisky è costellato da molte tappe, molte soste, infinite (piacevoli) sorprese. Ma una buona guida rende il cammino più facile e interessante. La parola ai drinksetters.
Brave New Spirits Take it to the Brig
Single grain scotch whisky 12 anni
Invecchiato per 12 anni in hogshead precedentemente utilizzate per lo sherry Pedro Ximénez. Note di cuoio, crostata di melassa e gelato spagnolo. Provenienza: Lowlands, distilleria Dalrymple.
Cask Noir Ghost of the Hill
Single grain scotch whisky 12 anni
Invecchiato per 17 anni in barrique precedentemente utilizzate per il bordeaux di Château Lafite.
Dolce e speziato con note di liquirizia, noce di cocco tostata e fico d’india. Provenienza: Lowlands, distilleria Port Dundas.
Brave New Spirits The Highland Shepherd
Single malt scotch whisky
Single malt composto da whisky di età compresa tra i 5 e gli 8 anni provenienti dalla stessa distilleria e invecchiati in botti ex-bourbon. Al palato sentori fruttati e note di vaniglia, malto, nocciola, pepe bianco e timo.
Provenienza: Highlands, distilleria Blair Athol.
Eden Mill The Art Of St Andrews 2024
Single malt scotch whisky – Edizione limitata 2.250 bottiglie
Maturato in un mix di botti ex-sherry e amarone e rifinito in botti di amarone di primo passaggio.
Al naso aromi di vin brulé, frutti rossi e note speziate di chiodi di garofano. Si uniscono note di torta Bakewell alle ciliegie con gelato al rum e uvetta. Al palato composta di more e marmellata di fichi, pepe nero macinato, pane alla cannella glassato e ciliegie candite.
Brave New Spirits Lighthouse Peated
Blended scotch whisky
Whisky torbato invecchiato in botti di rovere ex-sherry spagnolo ed ex-bourbon. Dolce e fruttato, con piacevoli note di cioccolato e fumo. Provenienza: Highlands e Lowlands.
Brave New Spirits Whisky Heroes The Haunting Song
Single malt scotch whisky 12 anni
Invecchiato per 12 anni in hogshead precedentemente utilizzate per lo sherry Oloroso. Note affumicate, di kumquat, cioccolato fondente con lamponi, pepe rosa in grani e alga. Provenienza: Islay, distilleria Caol Ila.
The San-In Ex-Bourbon Barrel
Blended Japanese whisky
Whisky non torbato, al palato note di pera e vaniglia. Invecchiato in botti ex-bourbon. Fresco con un lato fruttato: whisky molto ricco di aromi, il gusto è morbido e vellutato.
Prieto y Prieta 
Whisky Mexicano
Moonshine Runners Straight Bourbon Whiskey
Bourbon whiskey
Bourbon whiskey artigianale prodotto in piccoli lotti da mais americano di prima qualità e invecchiato in botti di rovere bianco.
Di colore ramato chiaro, al naso si contraddistingue per un bouquet aromatico dolce, dove emergono note di vaniglia e biscotti di pan di zenzero unite a sentori vegetali. Al palato leggere note di arancia, seguite da spezie invernali, con un accenno di legno e foglie di tabacco. 
Brave New Spirits Royal Cabinet
Blended scotch whisky 20 anni
Prodotto in piccoli lotti, unisce i migliori liquidi prodotti dalle più rinomate distillerie scozzesi.
Invecchia per almeno 20 anni in botti di rovere. In degustazione note di vaniglia e agrumi. A seguire sapori di frutta secca scura, cereali freschi, caramella mou e cioccolato fondente.
Brave New Spirits Old Smitty’s
Single malt scotch whisky
Invecchiato in botti attentamente selezionate. Erbaceo, fruttato e floreale con delicati accenni di rovere che si uniscono a sapori di mela verde e frutti di bosco secchi. Provenienza: Speyside.
Eden Mill The Guard Bridge 
Blended malt scotch whisky
Whisky che miscela malti delle Highlands e delle Lowlands, assemblati in botti ex-Eden Mill The Art of St. Andrews.
Delicatamente fruttato e speziato, con note di rovere tostato, sherry e vaniglia. 












Cose che non abbiamo ancora fatto con lo champagne:
															
															berlo in una scarpetta tacco dodici, stappare la bottiglia con una spada da ussaro, sprecarlo sul podio di una qualsiasi gara motoristica, riempirci la vasca da bagno, chiamarlo spumante, cucinarci il brasato, dimenticarlo a casa di qualcuno, dimenticarlo in taxi, dimenticarlo.
Lo champagne è un’ottima cura per la memoria, non c’è coppa che non si riempia subito di ricordi, anche di ricordi che non avete mai avuto ma vi sarebbe piaciuto avere. Napoleone e Čechov non bevevano, se non un poco di champagne. Il primo per ricordarsi delle vittorie ancora da ottenere, il secondo per ricordarsi delle parole ancora mai scritte.
															È il 1968 e lo scrittore Mario Soldati parte per un suo ‘viaggio in Italia’ incontro a vigneti e cantine, alla ricerca della verità del vino.
Ne uscirà un bel libro
															
															Quel mondo è oggi cancellato ma di quel libro resta viva l’idea del vino come poesia che si gusta meglio, e si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta, quando si entra in confidenza con l’ambiente dove è nato, con la sua educazione, con il suo mondo.
È una frase molto citata, ma a volte non serve essere originali.
Per completarla si può dire che il vino non è che il verso di un poema più ampio che comprende terre, culture, popoli e persino poeti di molte parti del mondo.
Cercare la verità del vino – che abbia la dolcezza seduttiva di quelli liquorosi o la fresca giovinezza dei bianchi marini, il saldo carattere dei rossi pensosi o l’aromatica complessità dei vermouth – per offrirne la bellezza (con moderazione) ci sembra un compito meraviglioso.
Philip Marlowe è un investigatore tutt’altro che sentimentale, e quando sorride sembra un lupo. Almeno quando a interpretarlo è Humphrey Bogart. Le sue sono storie nere. Ma beve volentieri il ‘succhiello’ (Gimlet, per chi detesta i gialli), un cocktail fortificato dal gin e benedetto dalle note solari di cedro e lime. Questa è la nostra idea di mixability. Uno sciroppo non è uno sciroppo, ma è parte del tutto come avrebbe detto un maestro zen e il Paese delle Meraviglie
															— quello dove la verbena, il bergamotto o il gelsomino, il lampone o la menta sono sapori liquidi —
															
															per essere apprezzato dev’essere mescolato, inventato, dimenticato e inventato di nuovo. Questa era anche l’idea di Alice, una bar tender coi fiocchi.
Abbinare colori, abbinare amori, abbinare aromi, abbinare profumi, abbinare emozioni, abbinare eccezioni, abbinare temperature, abbinare temperamenti, abbinare impressioni, abbinare memorie, abbinare convenzioni, abbinare trasgressioni.
Sublimare e mescolare.
															
															Certi liquori sono come il diario di un naturalista che si aggira la mattina nel suo orto botanico e spia la maturazione delle essenze, l’intensità delle fragranze, l’empatia degli effluvi. Sa che niente di quello che vede e apprezza domani sarà uguale e si sforza di fissare sul foglio il momento perfetto in cui un fiore e un arbusto sembrano fondersi in una sintesi toccante e per sempre nuova.
Rum rhum ron ron!
															
															
															Sono le fusa di un gatto disteso sul cassero di teak del San Antonio, l’ultimo galeone di Capitan Kidd in rotta per Barbados. Se ne sta ben attento che l’ombra delle colubrine non gli tolgano il sole, ma provateci voi a dormire tranquilli mentre fioccano i proiettili, il mare si gonfia come un’acciuga che fa il pallone e i pirati urlano come diavoli.
Ci vorrebbe un buon sorso di rum che sappia di vaniglia e caramello o di biscotti al burro e frutta tropicale o spezie e legno dolce.
Basta aprire gli occhi e seguirci nelle nostre esplorazioni tra le isole e i secoli, a bordo di un’amaca.
Su, non fate i gatti.
															Come in ogni mitologia la storia di tequila e mezcal inizia da una dea, Mayahuel, generosa e materna.
															
															È lei a manifestarsi nelle forme dell’agave dalla polpa ricca d’acqua, che nel deserto diventa una manna biblica per gli assetati. I sacerdoti la facevano fermentare e la bevevano per parlare con gli dei più loquaci. Quando Hernán Cortés entrò in Messico nel 1519 e si accorse che il brandy portato dalla Spagna era finito, grazie ai suoi alambicchi trovò nell’agave una fonte abbondante per ritrovare il suo spirito.
Quattro secoli dopo e dopo anni di scorribande rivoluzionarie, nel 1914 a Città del Messico s’incontrarono Emiliano Zapata e Pancho Villa. Zapata veniva da sud, terra di mezcal, e Villa da nord, terra di tequila. Ma neppure Mayahuel riuscì a metterli d’accordo.
A noi restano una storia, la nostalgia della revolución e i magnifici doni dell’agave.
															Il gin ha nel nome l’anima balsamica di una pianta officinale, il ginepro, e l’ombra alchemica di un jinn della tribù persiana dei folletti, naturali amici dell’uomo.
															
															Per questo in ogni bottiglia sta al sicuro un vero ‘genio’, impaziente di tornare libero. Bevanda terapeutica nelle mani di Dioscoride, medico di Nerone, o dei dottori della Scuola salernitana, conforto di monaci ortolani e distillatori, lenimento alle epidemie medievali, coraggio dei cavalieri olandesi nella guerra dei trent’anni, il gin si è avventurato presto nel mondo, e noi nel mondo abbiamo inseguito le sue interpretazioni più segrete e meraviglianti.
Consolazione per lo ‘spirito’ dei marinai è la risorsa elettiva per i cocktail, tra tutti l’Hemingway Martini che del vermouth vuole solo uno sguardo. La proporzione di 15 parti (di gin) a 1 fu ispirata dal generale Montgomery cui piaceva bere bene e vincere facile (era quello per lui il giusto rapporto tra amici e nemici in battaglia).
															
															
															non significa solo conoscere meglio Zosimo di Panopoli (leggendario inventore del primo alambicco) che Cicerone (sicuro autore di 58 orazioni), ma imparare un paesaggio dal colore del saké, riconoscere una musica nell’intensità della vodka o vedere i profumi di un secolo nelle sfumature dell’armagnac
Il silenzio favorisce la degustazione,
questa favorisce la parola, che favorisce la comprensione.
															Non tutti gli ‘spiriti’, anche quelli che si comportano meglio, hanno un santo in paradiso, ma il whisky ce l’ha ed è San Patrizio, irlandese con origini scozzesi.
															
															A distillare avrebbe imparato dagli arabi che però si erano fatti una cultura con gli alchimisti egizi e dunque a poco serve sventolar bandiere e primogeniture. Così, facendo rotta a oriente si possono scoprire ‘acque di vita’ sensazionali in Giappone dove fantastichiamo che la fioritura dei ciliegi in aprile sia un omaggio annuale a Torii Shingiro che proprio nell’aprile del 1929 commercializzò la prima bottiglia di whisky da lui prodotta.
E poi seguendo la ghirlanda brillante dei tesori liquidi si può fare tappa in Messico, in Tennessee o in Sudafrica e Argentina.